presentazione

3/2/12

made in yourself - superman pizza time-

Mi sono appena comprato la felpa di Superman.
Questo significa tre cose: fante cavallo e tre.
Fante: che le persone più idiote mi chiederanno se è davvero la sua (io stesso ho fatto questa stupida domanda alla commessa).
Cavallo: che mi sento nella responsabilità di salvare il mondo.
Tre: che di Clark Kent (superman in borghese) non ho mai letto un solo articolo di giornale.

La felpa di  superman non è una metafora, ma avrei voluto tanto che lo fosse stata: soprattutto per il tema di “made in yourself”, che ho lanciato e che non mi appartiene più. È un titolo. Una marca, un nome, una scritta…ecco. Al mio amico “danem” gli ho detto che è una scritta nera su un muro bianco, o una scritta bianca su un muro nero, dipende dal rullino dico io. Dipende dal muro dice lui.

“Made in yourself” è figo, piace, più che altro stimola. A me mi stimolano quelli che si stimolano. Io sono curioso di sapere secondo loro che cos`é.
Danem propone la parola “making”, ci sta’…ci sta’ parecchio, perché è un verbo presente in continuo cambio ed evoluzione.

A me quella sessione di foto, quella del ferro da stiro, non mi andava giù, perché la mattina Matteo sarebbe venuto a casa a farmi delle foto che ad entrambi non sarebbero piaciute. Insomma dovevamo fare delle foto per le agenzie d’attori, delle foto alla pappa al pomodoro allungate con acqua e uno sputo alla nicotina, o almeno così direbbe Fabietto.
Io non ero pronto fisicamente, Matteo non lo era mentalmente: alla fine, ma devo ammettere fin dall’inizio ce la siamo presa sul divertimento. Ci siamo sbizzarriti, mentre io stiravo la camicia per una agenzia di merda.

Poi alla fine abbiamo fatto anche le foto “normali”, ma a me questa parola … normale… non mi entra né in testa né in culo.

Danem dice che ci siamo fatti e ci facciamo da soli, droghe permettendo. Ci facciamo la vita, le esperienze. Ci droghiamo.
A tutto questo io ci metterei che uno che va avanti solo con le proprie forze va lontano, ma in gruppo va più lontano, per due motivi: mimi e cocco.
Mimí: in gruppo ti riposi, ti dai il cambio, ti appoggi, ti sostieni e ti rilanci, impari ed insegni.
Cocò: sia come sia, l’opzione di stare da soli è incorporata. Una volta che si stabilisce la connessione “yourself”, non c’è retromarcia. Nessuno ci vieta di fare sempre come mischia ci pare.

Mi piace  l’idea di fabbricarmi da solo. Una cosa da “dr Frankeinstein” e si avvicina anche a quel detto: quisque faber fortunae sue…è latino scritto male: ognuno è artefice del proprio destino.
È dalle elementari che me la so.

Poi per il discorso raccomandazioni voglio puntualizzare. Io non ce l’ho con chi raccomanda, ma con chi si fa raccomandare. Magari uno raccomanda e da fiducia. Ammesso e non concesso che la legge non ammette ignoranti il raccomandante dovrebbe accertarsi. Anche la società potrebbe non accettare ignoranti. A quel punto il raccomandato dovrebbe dare 1000 volte di più al mondo che i non raccomandati. Per un motivo molto semplice: Fortuna.
Fortuna: se questa ti bussa alla porta e tu gli apri, allora la fai entrare. Se prendi un lavoro per una fortunata raccomandazione e poi tiri a vacca mostri al mondo che sei una gran rottura di coglioni. Se ti dai da fare sei bravo 2 volte.
Insomma se qualcuno a me mi raccomanda io accetto. Infatti ognuno è artista del proprio disegno. E do il meglio di me stesso.

Io adesso c’ho una pizza in forno e questo è un ottimo motivo per smettere di scrivere questo articolo.

Riuscirò a non sporcare la felpa nuova di superman con una chiazza di pomodoro?

“Con la sola imposizione delle mani….”hehehehhe

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