presentazione

21/2/12

CREATIVIDAD Momento 1

Hay siempre que tener presente que el mejor momento es el momento en el que NO TIENES IDEA de lo que vas a hacer. Por lo tanto tienes tu cabsa en blanco. Blanco como el vestuario de Pulcinella, un blanco sucio, talvez manchado de comida, entonces desde allí arrancas con algo. 

La mayoria de las veces empiezo improvisando y que me lo crea o no llego con ideas mias, que quiero probar: quiero ver si fincionan. Ya sé que no funcionan, pero hay que hacerlo, hay que sacar toda la "mierda" que tenemos adentro. Es algo que nos limpia, nos pone el blanco. Por lo tanto, despues de cansarnos un rato improvisando algo que ya estaba en la cabeza, llega porfin el momento de trabajar realmente. El momento es magico. De repete salen cosas nuevas, inesperadas y buenas. Las que vas a tener, para trabajar despues. 

En este momento me doy cuenta que compartir pensamientos tan especificos acerca de una parte del proceso creativo resulta aburrido por algunos, y seguramente entusiasmantes para otros. 
Algunos no entienden ni palabras, otros se habrán iluminado. 
El tema no es explicar algo y hacer que el auditorio entienda hilo por hilo lo que estas comunicando. De echo hacer teatro no es dar una lección de como se utiliza un ordenador. Nos hace falta tan solo INSPIRAR para empezar un trabajo. 
Si mis palabras lo hacen, bien para mi y para ti.

Lo que aconsejo es lo de empezar, no importa como, ni cuando, y confiar. Yo acabo de hacerlo concretamente hoy con un trabajo, para mi, "top secret" en cuanto empiezo a "mascarlo". Una creación nueva, de la cual aun no conozco el sabor: por este motivo no puedo hablar. Pero sé que al confiar en estas chispas me llegarà ilusion, ideas. Esto mueve algo por dentro, estimula a crear más, a tener ideas y pensamientos. 

Enfin a crear otra "mierda" que tenemos que quemar la proxima sesion de trabajo.

Sea claro que la "mierda" tiene una connotación benigna. Es algo bueno, mirandola por el lado luminiso de la vida. Es obvio, es algo que vamos a abandonar. Lastima...sí y no. Es mierda al fin y al cabo: fertiliza nuevas cosas , nada más. Ahora hay que entender que producirla y desacerse de ella es cosa buena. 
Soy un poco escatologico, sí lo sé y me doy cuenta. Cada día que empezaba los ensayos de Pulcinella, me ponia la mascara y como un ritual que salia por si solo me tiraba pedos, reales o de mentira, cagaba por todas partes, metaforicamente, en fin me metia nel personaje a mi manera. Seria mejor decir que mi cabeza salia de este cuerpo para dejar espacio a Pulcinella y sus nefastas locuras que tanto quiero. 

Pulcinella nunca tiene idea de lo que va hacer, aunque claro yo como actor sé muy bien todas sus acciones. Pulcinella se descubre a si mismo cada día, cada istante. Talvez se sorprende, talvez no. Yo también. Vive como todos, pero el un poco más, en la eterna condición de instabilidad. Emocional, economica, alimentaria etc...una costante de inseguridad. Pulcinella es un entrenamiento por la vida. 

La unica cosa segura es que no hay seguridad. Y es algo...porqué desde aquí el mundo se abre. Si por si a caso Pulcinella tuviera la seguridad de comer todos los días...haría lo que haría? Pues no lo sé...pero seguramente mi espectaculo no existiria, mucha gente seguramente se aburriria en ver un personaje normal y corriente y previsible como el y una serie de cosas seguras pasarian y todo se ira a la "mierda". Y no, todo tiene que empezar con ella y acabr con flores y poesia!

Así puedo decir que lo mejor del proceso creativo es cuando no se tienen cosas seguras a las que agarrarse. Una vez que se fijan cosas decimos adios a la creatividad bruta para entrar en el proceso de finalización de nuestra obra...y entran otros elementos como la creatividad encerrada, que es como poner un leon en una jaula sin dejarlo comer por una semana. 

Conseguirà sobrevivir? Lo sabremos en otro post.

Caerse es una posibilidad de fracaso y de exito a la vez.


17/2/12

GLI SDIETATI

Entro a casa dopo una mattinata di allenamento. Sono un tipo fortunato, uno che si può allenare la mattina perché è disoccupato la maggior parte del tempo. Sono fortunato perché il lavoro lo devo creare o trovare io in orari o modalità poco convenzionali. Sono fortunato perché per poter fare il mio lavoro ci vuole di stare in campana. Sono fortunato che il mio lavoro richiede una buona dose di allenamento fisico. Sono fortunato ad aver scelto il mestiere dell’attore (e dell’artista per certi versi) perché non c’ho un pensiero o almeno cosí mi illudo. Sono fortunato perché me la sono cercata.

Non mangio quel che cazzo mi pare.

Potrei farlo ma mangio quello che mi fa bene. Decido io quello che mi fa bene, ovvio, mi lascio consigliare, studio e scelgo. Forse sbaglio con quale alimento, fa parte del gioco.
Sforo. A volte passo il limite. Stravizio di rado.Festeggio quando c’è l’occasione. È giusto.
Mi tengo in forma e mangio bene.

Stavolta la risposta a “danem” arriva tra le righe, velata. In questo campo i nostri mondi sono due rette che poco a poco si toccano e poi si separano. Tangenti per un tratto. Dolcemente, suavemente. A lui invidio l’essere avvolto da una nube di “dove vai vai se magna bene in Italia”, io da una cappa di “speramo che non friggono anche le sedie…in Spagna”.
I nostri incontri sono idilliaci: una cena ogni tanto: un momento stupendo di incontro. Robba bona. Vale sempre la pena. Pel magnà, pe la compagnia…pe la situazione.
Io sono di quelli che da poco rimangia certi alimenti. (Candidiasis intestinale e intolleranze zuccherose, mali invisibili di culture occidentali…non farò mai il pippone su questo argomento se non su richiesta).

Stavo leggendo il tuo articolo “danem” mentre mi stavo mangiando un petto di pollo alla piastra, una insalata fresca e hummus fatto in casa da me, acqua fresca per mandar giù.
Me so’ sentito un po’ preso alla gola. Ma come? Un momento prima mentre sfriccicava la piastra dicevo quanto è bono il petto di pollo e appena me metto a sedere, “danem” tu hai ordinato una carbonara. Ma me ce fai apposta? Scherzo. Però la coincidenza mediatica m’ha fatto piacere. C’è sempre un perché anche se non lo sappiamo.
Allora leggo, finisco di mangiare e mi metto a scrivere. Diete, mangiare, straviziare…bha!
Ho pensato alla tagliata e alla carbonara. Ho dubitato. Come sono cambiato, mi sono detto. Io che ero pastarolo di nascita ora mi butterei su una tagliata. Mica disdegno la carbonara è che la tagliata è bona. La pasta me la magno a casa, la carne, fatta bene a casa mica la so’ fare. Dubbi golosi. Mai schizzinosi. Se c’è da magnà se magnano tutte e due. A quattro ganasce.

Adesso un pensiero per la gente che fa la dieta. Quella che dici tu. E so’ d’accordo con te. Pure troppo. So’ dei rompi coglioni assoluti. Campioni di scassacazzo! Scusate le parolacce, ma c’è un’anima pulcinelliana che mi esce da dentro. Chi non mi conosce dovrebbe sapere che ho un monologo di commedia dell’arte che s’intitola “tengo hambre” (ho fame) e pulcinella il protagonista non può mangiare un niente perché è intollerante a quasi tutto. Figuriamoci come gli stanno …antipatici… quelli che possono mangiare tutto ma non lo fanno. È una questione pure personale.

Io, inciso, quando rompevo le palle perché non potevo mangiare una benemerita mazza…stavo a casa. Daniele non esce più! È a dieta. È una soluzione che consiglio pure a quelli che non vogliono farsi indurre in tentazione da alimenti meno “fitness”. Più di una volta mi è successo di far impazzire il cameriere con richieste fuori dal normale. “Oh GesúGiuseppeeMaria sto diventando un mostro”.  Poi ho conosciuto Paola: lei è l’esempio vivente delle richieste assurde e intolleranti (Caffé decaffeinato con latte di soja e un cucchiaino di miele locale!), anche per sopravvivenza nel paese dell’avanguardia culinaria. Sí, Ferran Adrià è di quí, ma tutti gli altri ancora cucinano con l’olio di sansa.

Allora vatti a trovare il ristorantino che fa le cose fatte bene. Costa più, ce ne sono meno ma si fa.

Voglio dire: che se vi aspettate di mangiare condito e sano, morirete illusi, ma nel male c’è sempre chi vi salva! E quando ci siete magnate, non rompete le palle a chi ha fame!
A me gli occhi da cerbiatto schifato me li ricordo dei vegetariani. Non tutti. Ci sono vegetariani normali, ma ce ne sono alcuni che invitarli a pranzo a casa o al ristorante comporta una seduta dallo psicologo il giorno dopo, o il giorno prima. O entrambe.

Caro “danem”, il livello di guardo nel tuo piatto e ti istruisco esiste ad ogni livello, pure al mio che sono di quelli che “arcapa”. Io almeno evito fortemente di fare pipponi alimentari, o almeno ho imparato che non li faccio se non su richiesta. A volte rompo la mia regola.  Queste persone con gli occhi cosí lunghi nel piatto altrui se le cercano. Se fossi Cetto Laqualunque gli direi: “fatti i cazzacci tuoi!”, ma sono Daniele Ridolfi e gli dico “Grazie!”. Siccome in generale ed in particolare so sempre ciò che metto sotto i denti, sciorino la mia dialettica sull’alimentazione, sfinendo l’interlocutore a dieta chiedendogli e ricordandogli tutti gli alimenti “diet” e “light” che mangia, da che cosa sono composti…pattinando sul discorso di dicesi, ma da chi?, sano in quanto alimento “comprato dove?”, accostando sul tema di quantità qualità “chi lo fa?” e precipitando sul deserto della conoscenza astrofisica di “quanti pasti giornalieri”. In genere, ma anche in particolare, non ce nè uno che non mi risponda: e va bé ma un peccato ogni tanto…e li li interrompo: e “allora che minchia guardi il mio piatto”?

Succede di rado. Li guardo male, molto male prima che aprano bocca!

Per arrivare a una conclusione di Mr and Mrs “dieta”. Ci stà tutto di fare un periodo di disontissicazione, tipo ramadam, tipo pentecoste, tipo altre cose religiose e sociali che non si fanno più perché il consumismo ci prende come anatre da ingrasso. Ci stà tutto di dimagrire come dice danem con tanta buona volontà e tanto sport. Ci stà tutto pure che non si sopporti di sedersi a tavola con Obelix. Ci stà tutto che ci si rifiuti il modello culinario del “magno forte e vo a lavorà…tutto n’to lo stomaco”. Ci stanno pure quelle che mangiano insalata perché vogliono fare le modelle. Ci stà tutto in questo contesto.

È il contesto che è sbagliato. 
Nel mio modo di pensare. Il contesto di un mondo dove la bellezza si costruisce col bisturi. Che la alimentazione è un fagocitare di prodotti senza il sapore originale. Un contesto dove il mangiare non è più un momento di condivisione, la sacralità di alimentarsi tutti dello stesso piatto o piatti preparati dalla stessa persona. Siamo ciò che mangiamo, ma in questo contesto c’è spazio per la dieta alla moda, ma non è contemplato la disintossicazione alimentare.

Baricco dice che c’è una mutazione ad opera di nuovi barbari che saccheggiano i “rituali” sociali, li spogliano di senso e li rinvestono di spettacolarizzazione. Mangiare in questo contesto non è più mangiare, è ingoiare 12 pasti alla settimana fatti di merda colorate e pubblicitariamente eccezionale e mangiare in un ristorate sopraffino per 2 sere a settimana. Vantarsi di mangiare carne di serpente e non sapere che sapore ha un coniglio da fattoria. Che senso ha mi chiedo io? Le papille gustative avranno il tempo di svegliarsi da questo letargo settimanale?. Non è la stessa roba che si critica di un anglosassone che si ammazza di lavoro per 5 giorni e per due è completamente ubriaco?

Probabilmente “danem” siccome ti conosco, ammetto che ci sia molta più salute in uno stravizio cosciente che in una dieta duncan fatta a “pene di segugio” (cazzo di cane per i fan della parolaccia). C’è molta più saggezza nel sapere ciò che si può mangiare tutto l’anno che in un “mangioquelchecazzomipareper10mesitantopoifaccio2mesididieta”.

Poi c’è la ricerca del proprio corpo (non peso, ma corpo) ideale, l’accetazione di se stessi, l’accettazione della società, il distanziamento dalle mode, l’originalità e finalmente il …made in yourself. Quel particolare modo tutto personale di mettere a fuoco, che ironia, o di cucinare la propria vita.

Consiglio di non fare diete, consiglio di mangiare sano sempre, è l’unico modo, ma non mi assumo la responsabilità delle vostre azioni. Io stesso fui definito dal mio maestro di commedia dell’arte un “comico prudentemente irresponsabile”.

Grazie danem, grandi temi!
il tuo link: http://www.danemblog.com/2012/02/limiti-personali.html

15/2/12

TYPEWRITER

TYPEWRITER
"...hay días que escribir resulta ser una practica creativa y otros que la practica de escribir todo lo que me pasa por la cabeza resulta ser más un mantra que otra cosa. Dicen que sea una forma sacrada de sacar lo que tapa el flujo creativo. Admito que escribir para mi es una experencia cada ves más personal y menos hacia el mundo real. Podria realemente escribir de todo y de todos. Segun mi opinion por lo menos. 
Porqué no hacerlo entonces? 
Peró también me pregunto: si estubiera todo el día escribiendo que seria de mi vida? O mejor dicho, del resto del tempo que podria dedicar a vivir mi vida...algo como viajar, o actuar, o amar a otras personas. Que seria del universo que me rodea si escribiera sin pausa por todo el día y toda la noche? Que pasaria con el presente si este solo tubiera forma de tinta negra en un papel blanco? Como quedaria atrapado en este universo maravilloso echo no solo de mis pensamientos sino también de mis emociónes que con el bajar de las lineas y el rellenar paginas se harian de diferentes colores? Como seria una vita entre letras de una maquina de escribir, o de una estilografica? En este desierto dattilografico para quien escribiria tanto? Seria como "Novecento" y su piano. Seria como teclar una musica interpretando un tema. Seria como tocar pensando en algo o en alguien. Las palabras no tendían ni la más minima importancia leteraria...solo una confusione artistica de notas mecanograficas. Viviria en un mundo populado por "hadas" entre comillas y monstruos en corsivo. Me perderia lo que son los cambios de las estaciones, el espectaculo mejor que la naturaleza pueda regalarnos. Pero podria recrear un otoño de ojas escritas caiendo desde el cielo, y las mismas en invierno cortadas como copos de nieve cubriendo mi escritorio. En primavera volveria a escribir tarjetas coloreadas con mi nombre e mi dirección para que animales alfabetas acudan a mi cueva y en verano tenderia al sol paginas y paginas tecladas dentro de una bañera de agua refrescante. Milagrosamente mi ventilador seria un viento que mueve mis ideas estancadas y llenas de polvo.
Io mismo seria una I o una L o un T o una P cuando quisiera y me Pondría Paulatinamente Perezoso Para Poder Precisar Palabras Poco Probables, Principiando Puertos Publicos, Plazas Pequeñas, Poderes Privados, Puerta Puerta. Politicos Poderosos Parteciparian Penosamente Pensando Porcadas. Paola Pacienta, Please!

5/2/12

"Tengo Hambre" en pildoras

"...NADA, vosotro no abeis visto nada. porsiacaso viene alghien y pregunta por Pulcinella, che soy yo...vosotro no sabeis NADA. Porsiacaso ese alghien che viene es mi mujer...ella viene y pregunta: Pulcinella tu y tus compiches que estais aciendo en el tejado de mi casa? ehin?

Que estamos aciendo? 
Tu que le dirías?..."

(TENGO HAMBRE 2011 - Costantini-Ridolfi-Payet)

3/2/12

made in yourself - superman pizza time-

Mi sono appena comprato la felpa di Superman.
Questo significa tre cose: fante cavallo e tre.
Fante: che le persone più idiote mi chiederanno se è davvero la sua (io stesso ho fatto questa stupida domanda alla commessa).
Cavallo: che mi sento nella responsabilità di salvare il mondo.
Tre: che di Clark Kent (superman in borghese) non ho mai letto un solo articolo di giornale.

La felpa di  superman non è una metafora, ma avrei voluto tanto che lo fosse stata: soprattutto per il tema di “made in yourself”, che ho lanciato e che non mi appartiene più. È un titolo. Una marca, un nome, una scritta…ecco. Al mio amico “danem” gli ho detto che è una scritta nera su un muro bianco, o una scritta bianca su un muro nero, dipende dal rullino dico io. Dipende dal muro dice lui.

“Made in yourself” è figo, piace, più che altro stimola. A me mi stimolano quelli che si stimolano. Io sono curioso di sapere secondo loro che cos`é.
Danem propone la parola “making”, ci sta’…ci sta’ parecchio, perché è un verbo presente in continuo cambio ed evoluzione.

A me quella sessione di foto, quella del ferro da stiro, non mi andava giù, perché la mattina Matteo sarebbe venuto a casa a farmi delle foto che ad entrambi non sarebbero piaciute. Insomma dovevamo fare delle foto per le agenzie d’attori, delle foto alla pappa al pomodoro allungate con acqua e uno sputo alla nicotina, o almeno così direbbe Fabietto.
Io non ero pronto fisicamente, Matteo non lo era mentalmente: alla fine, ma devo ammettere fin dall’inizio ce la siamo presa sul divertimento. Ci siamo sbizzarriti, mentre io stiravo la camicia per una agenzia di merda.

Poi alla fine abbiamo fatto anche le foto “normali”, ma a me questa parola … normale… non mi entra né in testa né in culo.

Danem dice che ci siamo fatti e ci facciamo da soli, droghe permettendo. Ci facciamo la vita, le esperienze. Ci droghiamo.
A tutto questo io ci metterei che uno che va avanti solo con le proprie forze va lontano, ma in gruppo va più lontano, per due motivi: mimi e cocco.
Mimí: in gruppo ti riposi, ti dai il cambio, ti appoggi, ti sostieni e ti rilanci, impari ed insegni.
Cocò: sia come sia, l’opzione di stare da soli è incorporata. Una volta che si stabilisce la connessione “yourself”, non c’è retromarcia. Nessuno ci vieta di fare sempre come mischia ci pare.

Mi piace  l’idea di fabbricarmi da solo. Una cosa da “dr Frankeinstein” e si avvicina anche a quel detto: quisque faber fortunae sue…è latino scritto male: ognuno è artefice del proprio destino.
È dalle elementari che me la so.

Poi per il discorso raccomandazioni voglio puntualizzare. Io non ce l’ho con chi raccomanda, ma con chi si fa raccomandare. Magari uno raccomanda e da fiducia. Ammesso e non concesso che la legge non ammette ignoranti il raccomandante dovrebbe accertarsi. Anche la società potrebbe non accettare ignoranti. A quel punto il raccomandato dovrebbe dare 1000 volte di più al mondo che i non raccomandati. Per un motivo molto semplice: Fortuna.
Fortuna: se questa ti bussa alla porta e tu gli apri, allora la fai entrare. Se prendi un lavoro per una fortunata raccomandazione e poi tiri a vacca mostri al mondo che sei una gran rottura di coglioni. Se ti dai da fare sei bravo 2 volte.
Insomma se qualcuno a me mi raccomanda io accetto. Infatti ognuno è artista del proprio disegno. E do il meglio di me stesso.

Io adesso c’ho una pizza in forno e questo è un ottimo motivo per smettere di scrivere questo articolo.

Riuscirò a non sporcare la felpa nuova di superman con una chiazza di pomodoro?

“Con la sola imposizione delle mani….”hehehehhe

1/2/12

EDITORIALE DI FEBBRAIO di "DANEMBLOG" http://www.danemblog.com/

RICALCO: da http://www.danemblog.com/2012/02/made-in-yourself.html

mercoledì 1 febbraio 2012

Made in yourself 

DanEm Code: , ,

Spunto dallo spunto datomi - che brutto modo di dire: "datomi" è davvero una brutta parola. Mi fa venire in mente quei completi marroni, abbinati con camicie in tono e cravatte ad improponibili righe. Americani porta-a-porta, tipo -  da Daniele, per scrivere qualcosa di confuso...premessa per dire che questa, semmai, potrebbe essere una bozza. 
Il movimento: Made in yorself. 
Il nome è figo. Nel senso che quel "Made in..." che adesso va tanto di moda - ma anche di modo -, con a fianco quel "yourself" mi piace, parecchio. Non credo che vi interessi sapere perché, quindi vi dico che mi piace e basta: e me ne sbatto se tanti vorrebbero sostituire quel "mi piace" con qualche altro termine o locuzione, perché "basta co'sto facebook....e non facebookkiamo il linguaggio..." e menate varie. "Mi piace" si dice così: quando appunto una cosa ti piace. E' italiano, e io lo uso.
foto di Matteo Manfredi - dal blog di Daniele
Lascio a voi commenti in merito alla foto. Non conosco personalmente Matteo Manfredi, ho visto parecchie foto sue e devo dire che mi piacciono - sìììì! Continuo ad usarlo - come mi piace questa - adesso ci sto andando a ruota!. Il ferro da stiro, "the iron side" è simpatico, tralascio la canotta giusto perché in fondo il fisico c'è, ma i boxer!? Adesso, io conosco Daniele, quindi so benissimo che dietro quei boxer indossati dal losco figuro soggetto dell'immagine, c'è un mondo...ma vaglielo a spiegare agli altri...Apro parentesi: quando parlo di "un mondo" non intendo quel tipo di mondo che ha fatto di Rocco Siffredi il suo imperatore. Chiusa parentesi, ma era giusto sottolinearlo.
Va be. Noi siamo la generazione "Made in yourself". Almeno, noi due - sto parlando con te, Daniele - lo siamo di sicuro. A noi, gli aiuti (intendo quelli di settore, intendo quelli che spostano, intendo quelli che in altri luoghi chiameremmo magari "raccomandazioni") non ce li ha mandati nessuno. Per noi la sussistenza umanitaria delle nostre famiglie, è stato tutto. La forza, di ferro - o del Ferro, adesso vedi tu. (è un inciso a titolo personale, che non va nemmeno spiegato, perché fondamentalmente è una cazzata. ndEm) -, ce l'hanno data loro. 
Ameicanizzando il tutto, potremmo dire che ci siamo fatti da soli - self made men. E non ci siamo fatti solo. E non ci siamo fatti da soli, come gente ai tempi della "Sala Giochi" - messo tra virgolette, perché questo credo che sia il nome proprio, proprio, del posto che frequentavamo da ragazzetti. 
"Fatti in se stessi". Fatti o facenti. Nel senso che, parlo per me - ma conoscendoti posso anche prendermi il permesso del plurale - noi ci stiamo facendo. E anche se fossimo "fatti", per quel che siamo, non ci fermeremmo di sicuro. Anzi, proporrei - azzardo - che quel "made" venisse sostituito da "making". Hai intenzione di fermarti tu? Non credo, quindi...making è continuo, dinamico, cresce, cambia, si muove, si crea.
Fatti, e non "falsi da sè". Siamo sinceri: in fondo - al di là di qualche puerile accusa contro cui ho lottato soltanto con le risate - siamo gente vera noi. Quello che siamo, quello che abbiamo, quello che ci siamo fatti, insomma quel "fatti" è roba vera. Pesante come l'acciaio. Roba nostra.
Ho detto qualcosa sul chi e sul cosa, sul perché, ho accennato sul dove: completa le cinque W con il quando. Adesso. Nel peggior momento storico che potesse capitarci, forse. La crisi, sai, lacrisi. Oggi è entrato a studio un signore di una sessantina d'anni. Indiano. Faccia da National Geographic Portrait. Mendicante, con una dignità da vendere. La prima cosa che mi ha detto è stata: "C'è la crisi...". Non aggiungo altro. Insomma il peggior momento forse. Perché c'è poco da mangiare, tutto intorno all'osso. Cani randagi e da salotto si azzuffano per quel briciolo di carne e bla bla bla....Ma riflettendoci: questo è davvero il momento peggiore? Secondo me per niente. Tu lo so che mi capisci.  
Interrompo qui. Perché? Perché primo fa figo. Secondo l'opera incompiuta - postuma magari - vi farebbe arricchire ( a te andrebbe la direzione artistica, ma lascia a Dan il resto). Terzo, soprattutto, perché l'avevo detto che erano cose confuse. Che integrerò. E magari finirò anche. Diciamo che all'incompiuta e al postuma, ci penserò tra cento/centodieci - scritto a numero, così è inequivocabile, tipo sugli assegni - anni. 
Ma voglio scendere nel popolare - nella duplice accezione: successo e del popolo - e concludere con quel "fatti non pugnette" che nel caso nostro non è mica tanto vero. Noi molti fatti, va bé, ma anche tante pugnette...